"In un intreccio del genere, la scissione del sé reale diventa così fondamentale da richiedere in maniera imperativa che venga precedentemente costruita, poi allenata e rinforzata, una profonda consapevolezza."

PIANETI ORBITA

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Autore:

Atleta e Studente di Cyberpsychology

Tempo di lettura: 4 minuti

Pubblicato il: 16 dicembre 2025

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Tra reale e digitale, due diverse identità

Ogni Giovane Atleta, come ogni persona, vive oggi una duplice esistenza. O quantomeno una doppia identità. 

La prima è quella autentica e concreta, costruita giorno dopo giorno all’interno e al di fuori dei campi di gioco, nella vita. Questa passa attraverso valori ben noti come il rispetto, la disciplina, la stima di compagni ed avversari, la reputazione che le connessioni di tutti i giorni costruiscono.

Un’autenticità creata da ogni interazione umana nella sua forma più quotidiana e naturale, fatta di gesti tangibili in relazioni vere: uno scambio di sguardi, una pacca sulla spalla, o confronti vis à vis.
In qualunque istante, tutte queste occasioni della realtà diventano un’opportunità unica ed irripetibile per definire sè stessi ed esternalizzare l’idea di sè grazie al perpetuo contatto con gli altri e la sua connessione con l’introspezione di noi stessi.
Così, è possibile definire l’identità in un’
esistenza reale. E quindi anche toccare l’essenza stessa dello sportivo.

Negli ultimi due decenni, però, si è affiancata con forza una seconda esistenza, quella digitale. Dall’avvento del primo social nel 2006, l’identità digitale (inizialmente parziale) dai Forum e nei Talks si è spostata e trasformata in canali decisamente più appariscenti: I Social Media. 

Questi, artificiali per natura, si nutrono di narrazioni accuratamente costruite anche se apparentemente spontanee, in una spirale che è insieme prodotto e produzione del concetto di visibilità. E sono diventati lo spazio per identità digitali che comprendono interazioni virtuali di ogni genere.

L’Identità Digitale contemporanea è infatti un sistema estremamente dinamico ed ambiguo, composto non solo da ciò che produciamo (output), ma da tutto ciò con cui scegliamo di interagire (input metabolizzato).
Ogni mi piace, condivisione o anche semplice visualizzazione – prolungata o meno – diventa per inerzia un atto operativo, anche quando non è propriamente rappresentazione dei nostri “valori” o “intenti”. Soprattutto quando l’interazione con il proprio schermo
viene effettuata in uno stato di semi-passività, gentilmente concessa dalla nostra esistenza al vortice digitale. 

La contro-narrazione che deve avvenire in questo tempo, a mio avviso, parte proprio da questo punto. Credo che non sia possibile giudicare l’identità digitale di ognuno con i parametri di quella reale, e viceversa. Il loro rapporto è un rapporto di interdipendenza.
Le metriche e le logiche dei due mondi sono separate, e così dovrebbero le valutazioni che li riguardano. Certo, questo vale solo parzialmente e i contesti possibili sanno essere molteplici e dunque concedono diversa interpretazione.
Ma è giusto dire che un’attività di ricerca non può equivalere ad un suggerimento algoritmico. E che un personaggio o una caricatura social non sono necessariamente rappresentative della
realtà, come può non esserlo il nostro profilo o quello di qualche figura pubblica (come ad esempio, un atleta).
Il digitale, rimane appunto,
digitale. 

In un intreccio del genere, la scissione del sé reale diventa così fondamentale da richiedere in maniera imperativa che venga precedentemente costruita, poi allenata e rinforzata, una profonda consapevolezza.

Queste prime righe vogliono essere solamente l’ingresso ad un percorso di esplorazione e sensibilizzazione riguardo le anguste superfici territoriali del mondo della Tecnologia e dei Social Media, che come un pianeta, orbitano intorno e influenzano il percorso di un o una giovane atleta. Spazi tanto impattanti, quanto ancora non del tutto visibili se non esplorati come necessario.
Troviamo il silenzioso funzionamento e il personalissimo adattamento dell’algoritmo, l’impatto della costante esposizione, la differenza tra il racconto e la performance, la tensione tra ciò che siamo e ciò che l’ambiente digitale ci chiede di diventare, in una società che fa del consumo la sua forza motrice. Parleremo di Ego reale come armatura da indossare, di Alter Ego come suo riflesso amplificato e diversificato, di viralità ed algoritmo come intreccio di connessione (ind)diretta alla minaccia di entrambi. E del ruolo dello sport come ultimo e primo spazio di autenticità e presenza.

Ma prima di addentrarci in questi temi, ecco alcune domande che potrebbero avere il valore di bussola:

“L’identità di un ragazzo nel digitale e il suo percorso sportivo reale, dove si incontrano? E dove invece si scontrano?”

“Cosa succede quando l’immagine diventa più importante della crescita: in particolar modo quando l’approvazione online anticipa la consapevolezza di sé? E quando la narrazione di un gesto (es. clip virali, video highlights…) supera il gesto stesso?”

Per arrivare a chiedersi: “come può un giovane atleta imparare a riconoscere dove finisce l’atleta e dove inizia la persona?”



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