ARTICOLO DEL 04.11.2024 [Tempo di lettura: 5 min.]
A cura di Federico Pasqualoni
Giovane atleta d’oggi:
social media, identità, responsabilità, e motivazione
Il viaggio nella galassia prosegue, e la domanda da cui sono partito qui è: “Come se la vivono i giovani atleti nel loro mondo sportivo giovanile?”
Per rispondere, oltre lo Sport c’è bisogno di farsi prima due domande: “Che vuol dire essere giovani?” e poi soprattutto: “Che vuol dire esserlo oggi?”
L'adolescenza
Quando Pais parla di giovani, parla di adolescenza.
Quella fase della vita caratterizzata dal passaggio dalla fanciullezza alla maturità, ritenuta fondamentale perché l’inizio del viaggio da bambino ad adulto. Sono varie e diverse le interpretazioni sulla durata e gli estremi temporali dell’adolescenza, ma comunemente possiamo far conciliare il suo inizio con le prime esperienze emotivo-affettive del fenomeno puberale.
Molto diffusa è l’idea che nei maschi questo periodo inizi tra gli 11/13 anni e nelle femmine tra i 10/12, anche se la letteratura dei nostri giorni indica in alcuni casi la fine dell’adolescenza un traguardo raggiungibile anche oltre i 25 anni. Si considera conclusa quando l’adolescente è capace di instaurare rapporti autonomi con chi si relaziona, sotto il punto di vista sessuale, affettivo, sociale e professionale. E’ anche vero però che ogni individuo sviluppa la propria sfera psico-fisica con ritmi e tempistiche diverse, in base agli ambienti e alle persone che lo circondano e alle esperienze che vive e da cui assorbe continuamente. Un passaggio così importante non può quindi avvenire in un momento uguale per tutti e l’adolescenza non ha quindi estremi temporali universali.
Possiamo però parlare con più chiarezza delle sue caratteristiche.
È una fase in cui il giovane subisce una serie di cambiamenti cognitivi, fisici e comportamentali ai quali non è abituato e che quindi lo confondono, spaventano, e mettono alla prova.
Cerca la sua identità perché percepisce la possibilità di avere un ruolo nel mondo, è attratto dall’indipendenza mentre vuole appartenere ad un “qualcosa”, e inizia a conoscere il senso del giusto e dello sbagliato.
Sostanzialmente vive le difficoltà del “nuovo”, assorbendo facilmente tutto ciò che gli accade e creando la struttura con cui entrerà nel mondo degli adulti. Ognuno affronta le difficoltà adolescenziali con il proprio approccio, e la sensazione di non avere ancora i mezzi per rispondere a tutte le domande che questo periodo gli pone, risulta avere una conseguenza comune in quel carattere impulsivo e tumultuoso che spesso appare in questa età.
L’adolescenza è una fase di esplorazione e di allenamento e l’etimologia - dal latino adolesco (crescere, rinvigorirsi) - evidenzia questa direzione.
Un allenamento per sfidare la vita adulta come individuo responsabile, autonomo e consapevole della sua persona.
L’adolescenza di oggi e il vortice tecnologico
La realtà è che oggi, parlare di giovani senza considerare la tecnologia, non è più possibile. Siamo di fronte ad adolescenze virtuali.
Le giovani generazioni, soprattutto la generazione Z e Alpha, sono nate e cresciute nel vortice di uno sviluppo tecnologico che influenza sempre di più il loro modo di rapportarsi al sociale, cambiando e pilotando le abitudini, le attività, e gli interessi.
Sono caratterizzate da una dipendenza da tecnologia sempre più marcata, che trova motivi in un meccanismo chimico in cui il protagonista è la dopamina: una sostanza che viene continuamente - in loop - ricercata dal cervello umano. La dopamina controlla la motivazione, l’eccitazione e la ricompensa, ed è tramite l’aumento della sua induzione che le aziende dietro al mondo dei social network cercano e trovano l’infinita crescita.
Tutti gli stimoli tecnologici la producono in modalità continue, ravvicinate, e che creano dipendenza. Una dipendenza digitale che nel crescere, aumenta il rischio di essere intrappolati in una ragnatela che esiste davvero, e che si dice “web”.
Tutto ciò ha una serie di conseguenze nella vita dei giovani sia nella sfera individuale, che in quella sociale nel rapporto con il mondo esterno.
Innanzitutto, l’accesso al mondo virtuale è un trasportarsi lontano da quello reale, con il quale le continue fughe rendono sempre più difficile avere a che fare. L’essere virtualmente connessi alle altre persone dà una sensazione di avere meno bisogno di socialità che è sbagliata, perché la percezione di essere più vicini agli altri è fuorviante. La conseguenza è una tendenza di isolamento che riduce tempi, qualità e intensità nel rapporto con i propri cari. L’ormai sempre più netta preferenza nel relazionarsi agli altri a livello virtuale rispetto che reale, li rende incapaci e a disagio nel gestire dinamiche dal vivo e quindi nella vita fuori dagli schermi sempre più distanti da ciò che li circonda.
Infine, è l’abitudine a poter controllare facilmente le azioni (tasto-conseguenza) che li mette a disagio in quelle situazioni che richiedono di gestire l’imprevisto e che non gli permettono di avere con estrema facilità tutto e subito. Sono diventati intolleranti a quelle attività che richiedono pazienza e uno sforzo psico-fisico che dura molto più di un click.
Le percepiscono insensate e noiose.
Problematiche da giovane atleta
È facile intendere che tutto ciò di cui abbiamo parlato fino ad ora, abbia delle conseguenze sul vissuto sportivo di un giovane atleta.
Partendo dal discorso sulla dopamina, i giovani atleti sono sempre meno disposti a sacrificarsi per raggiungere risultati a lungo termine, e ciò che gli viene chiesto di fare in campo non li stimola perché la ricompensa viene ricevuta lentamente.
Continuando sulle interazioni sociali, se parliamo di Sport di gruppo, la tecnologia ha avuto un impatto anche sulla qualità e intensità dei rapporti interpersonali con compagni o allenatori.
Nei momenti extra-campo, stare insieme con il telefono è molto diverso dallo stare insieme senza. Ed essere da soli in una stanza, o seduti sulla panca dello spogliatoio con gli altri, non è poi così differente se il mondo che cerchi e preferisci è quello virtuale.
Infine, tornando all’imposizione di modelli di riferimento - utile a scopi economici - che avviene nei social media, il giovane è condotto in un meccanismo di confronto e imitazione. Il fatto che i percorsi sportivi degli altri siano sempre davanti ai suoi occhi lo porta a confrontarli con il proprio, e in una fase in cui è alla ricerca di identità, è molto facile confondersi.
Sembra evidente che nel momento in cui si verifica l’identificazione (dalla derivazione latina idem, medesimo), il giovane sportivo assegna allo Sport la responsabilità troppo grande di trovargli il suo ruolo nel mondo.
Di base, più il giovane atleta cresce, più avverte il peso delle responsabilità esagerate a cui è sottoposto. E il divertimento che provava da bambino smette di essere anche semplicemente un ricordo.
A questo punto, quando percepisce negativamente la sua pratica sportiva, il perché dietro allo svolgerla perde in forza perché viene ritenuto incapace di soddisfare i suoi bisogni. In ambito sportivo, la motivazione è un elemento fondamentale nel rapporto Atleta/Sport, e i suoi livelli aumentano o diminuiscono in maniera direttamente proporzionale con i livelli di soddisfazione dei propri bisogni e/o il raggiungimento di obiettivi personali.
Nei giovani d’oggi, il livello minimo di soddisfazione si è alzato fortemente perché sono cresciute le aspettative e aumentate le alternative.