“[...] l’attenzione è dovuta
ai meccanismi
socio-economici che genera
più che alla stima verso le persone (atleti)
senza le quali
questo mondo non esisterebbe affatto.”
PIANETI ORBITA
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Autore:
Federico Pasqualoni
Ex Atleta Pro. e Ideatore Pais
Tempo di lettura: 5 minuti
Pubblicato il: 27 dicembre 2024
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Il mondo del professionismo
e della comunicazione sportiva
Il raggiungimento del mondo del professionismo è l’obiettivo di tanti giovani che praticano. E ciò è una fortissima spinta positiva alla loro motivazione a giocare. Troppo spesso però si commette l’errore di avvicinare questo mondo allo sport giovanile più del dovuto, con delle conseguenze negative.
Credo quindi ci sia bisogno di parlare più autenticamente del professionismo, non per limitare ai ragazzi il sogno di accedere ma per rendere il sognare più consapevole. In questo articolo ne parliamo in relazione al mondo della comunicazione sportiva, a sua volta parte del sistema tecnologico, perché l’idea generale che le persone hanno del professionismo si basa sull’immaginario — reale o fittizio, totale o parziale — costruito dai canali di informazione.
L’attenzione verso il professionismo
Sappiamo bene che il mondo del professionismo sportivo prende uno spazio importante nella scala degli interessi della società. Ma ci siamo mai chiesti, profondamente, a cosa è dovuta questa attenzione?
“Dalla stima che le persone nutrono nei confronti degli atleti!”, sogno di sentire come risposta. Magari perché li considerano persone che hanno investito enormi quantità di energie, e fatto grandi sforzi psicofisici, per raggiungere quei livelli nella loro disciplina.
Se così fosse, visto che alle spalle di qualsiasi atleta professionista c’è quel grande impegno, ogni professionismo dei vari sport avrebbe un’attenzione uguale da parte della società. Giusto?
Lo scenario invece non è questo, e l’attenzione è dovuta
ai meccanismi socio-economici che genera
più che alla stima verso le persone (atleti)
senza le quali questo mondo non esisterebbe affatto.
L’interessamento diverso per il professionismo dei vari sport, infatti, in parte minore è figlio di aspetti culturali (ogni paese del mondo ha le proprie discipline sportive preferite) e in parte maggiore figlio dell’economia e del mercato che di conseguenza ogni disciplina va a generare.
Il legame tra sport professionistico ed economia è più forte delle barriere protettive intorno al mondo giovanile, e perciò si commette l’errore di non dividere gli scopi dei due diversi contesti.
Nel mondo sportivo professionistico le attenzioni ai risultati socio-economici possono far parte del gioco. Nel mondo sportivo giovanile queste attenzioni non dovrebbero proprio esistere.

La comunicazione sportiva di oggi
Nel continuare a parlare di come la società percepisce oggi il professionismo, è fondamentale inserire nel discorso il mondo della comunicazione. E’ chiaro che i media hanno n mano la possibilità di influenzarne i pensieri su ciò di cui parlano.
Ora, se abbiamo capito che la nostra è una società che ambisce al successo socio-economico, che è su questa ambizione che ogni protagonista sceglie le sue azioni, e che di conseguenza ci si concentra su ciò che è utile a questo scopo, allora possiamo trovare le fondamenta del rapporto tra il mondo della comunicazione e il professionismo sportivo. Questo mondo è spesso l’oggetto di cui parlare perché l’attenzione mediatica che genera è troppo appetibile per chi si ciba di “engagement”. Un’attenzione mediatica che per tanti è importante alimentare a tutti i costi.
La comunicazione sportiva, quindi, si lega fortemente al professionismo, dal quale ricava informazioni che vengono poi processate, e infine trasferite a tutti in relazione all’obiettivo che intende raggiungere.
Se parliamo numericamente di atleti, i professionisti sono una minuscola fetta del tutto – amatori, dilettanti, o professionisti di qualsiasi disciplina – nella teoria, e l’unica che sembra meritare attenzione (perché la produce) nella pratica. Il fatto che la comunicazione sportiva di oggi parli prevalentemente di questa piccola fetta, fa sì che arrivi alla società come l’unica esistente.
Si va quindi a creare un triangolo composto da comunicazione, professionismo, ed una crescita economica sempre più raggiungibile grazie alle piattaforme media. E’ importante sottolineare che più il processo tecnologico migliora i canali con cui parlare di sport, più il fenomeno stesso diventa accessibile alle persone.
La narrazione sportiva, partendo dalla carta stampata e passando per radio e tv, oggi è veicolata prevalentemente sui social network. E sui social, per favorire l’interazione con il pubblico necessaria a raggiungere i risultati sperati, ci sono contenuti e temi che vengono preferiti ad altri.
Pertanto, anche nella comunicazione sportiva, spesso la quantità vince sulla qualità perché culturalmente il risultato (qui, engagement) vince sul valore.
L’idea che la società, e di riflesso i giovani atleti, si fanno del mondo del professionismo, viene influenzata fortemente dalla tipologia di narrazione sportiva predominante che arriva alle masse.

L’influenza sul giovane atleta
Se consideriamo la tanta e preoccupante quantità di tempo che i ragazzi passano in rete, come possono loro e il loro percorso sportivo non essere influenzati dall’idea di professionismo così tanto promossa? E’ giusto darne un piccolo accenno.
Attraverso le piattaforme di comunicazione, i ragazzi si immergono nel mondo del professionismo a loro mostrato, e sono spinti a imitare ciò che vedono degli atleti “pro” (immagine e atteggiamento), prendendo a volte strade che non sono autenticamente le loro. ll costante e stretto contatto con i lati positivi che vengono mostrati, fa percepire l’ambiente e gli atleti così vicini che è normale per i giovani volerli raggiungere ed è assurdo pensare di non poterci riuscire. Soprattutto se le persone adulte che gli girano intorno non li aiutano a capire che non è tutto oro quel che luccica.
Infatti, proprio perché oltre lo Sport c’è la vita, l’idea che lo status dei professionisti sia sempre sinonimo di serenità e benessere interiore, è una grandissima menzogna.
Ciò su cui fare attenzione è che si stanno portando i giovani atleti a pretendere da loro stessi di entrare tutti in un mondo in cui di spazio per tutti non c’è: è un posto esclusivo per pochi, bravi, costanti, e in parte anche fortunati profili. Ma non solo: si sta anche creando nella loro testa un immaginario riduttivo e non totalmente realistico del professionismo e del vissuto degli atleti pro.
Di nuovo, è importante ribadire che l’obiettivo deve essere il rendere quel loro sognare più consapevole.
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