ARTICOLO DEL 25.11.2024 [Tempo di lettura: 3 min.]
A cura di Federico Pasqualoni
Il mondo della scuola
Tra il mondo dello sport e quello dell’educazione scolastica intercorre un rapporto complesso, che li fa apparire molto distanti agli occhi dei giovani.
In riferimento all’Italia, le criticità si sono manifestate in seguito all’epoca fascista: durante l’Assemblea Costituente si decise di separare nettamente i due ambiti - molto uniti durante il ventennio - per paura che il mantenimento della struttura educativa precedentemente imposta, potesse minare l’educazione delle nuove generazioni. L’Assemblea decise di stravolgere totalmente l’assetto educativo fino ad allora istituito.
Da quel momento lo Sport agonistico ha cessato d’essere strumento dello Stato, divenendo gestito soltanto da contesti sportivi privati, tagliando difatti i ponti tra Sport e istruzione.
Nonostante gli enti competenti siano consapevoli del problema - e per fortuna alcuni passi avanti sono stati fatti, tramite nuovi programmi ministeriali - il mondo della scuola e il mondo sportivo rimangono comunque spesso lontani.
Nel nostro Paese, a partire dalle classi di secondo grado, i percorsi sportivi agonistici e quelli scolastici coesistono con enorme difficoltà.
Per questa ragione sono diffuse le figure sportive con un breve passato di studi, e le figure accademiche con un breve o inesistente passato sportivo.
In ambito scolastico infatti - escludendo le poche figure che, con pochissime ore a disposizione, educano all’attività motoria - tendenzialmente non si conosce il mondo dello Sport agonistico.
Per questo motivo, gli educatori scolastici, non hanno i mezzi per comprendere a pieno l’esperienza sportiva: sono spesso incapaci di considerare i benefici educativi, formativi, e quelli inerenti anche al rendimento scolastico, ad essa direttamente collegati.
Con queste premesse, ecco cosa accade nelle scuole: le figure scolastiche si mostrano contrarie alla correlazione tra i due percorsi. Esse, infatti, considerano il percorso sportivo inferiore rispetto a quello accademico, sostenendo addirittura che la pratica sportiva possa incidere negativamente sul rendimento scolastico.
Ecco cosa succede di conseguenza nella testa dei giovani quando pensano al mondo sportivo: i non praticanti si allontanano dall’idea di iniziare o riprendere l’attività sportiva, scartando a priori ogni beneficio psico-fisico da essa derivabile.
Agli occhi dei praticanti, invece, questa triste e frequente dinamica, genera la visualizzazione mentale di un bivio in cui bisogna necessariamente scegliere una strada: da una parte lo Sport, dall’altra la scuola.
Un vero peccato, perché in quanto studente fare Sport dovrebbe essere considerato un valore aggiunto evidente e indiscutibile, e mai in assoluto un difetto, un errore.
Non intendo dire che i giovani sportivi dovrebbero essere trattati diversamente, come se fossero privilegiati, ossia che in virtù della loro doppia attività meritino aiuti o facilitazioni da parte dei docenti o dei compagni di classe.
Camminare con le proprie gambe - gestendo le cose da sé e raggiungendo risultati senza alcuna scorciatoia - è ciò che permette di alimentare consapevolezza e autostima, unici strumenti in grado di rendere emancipati, indipendenti, e soddisfatti.
Va però tenuto in considerazione che i giovani atleti, considerando gli impegni temporali e psico-fisici richiesti, hanno spesso queste peculiarità a cui va dato valore: sono tenuti ad adottare una migliore gestione del tempo e a gestire un maggior numero di input emotivi, generati difatti dallo Sport stesso, non soltanto attività fisica ma anche occasione di crescita interiore.
L’augurio per tutti i contesti scolastici è che acquisiscano piena consapevolezza dei benefici psico-fisici di un percorso sportivo, favorendone sempre l’inizio/il continuo e traendone vantaggi prestazionali anche in ottica scolastica.
È necessario smettere di ritenere l’esperienza sportiva come di intralcio, poiché ogni giovane deve poter vivere pienamente, senza essere obbligato alla scelta davanti al bivio Scuola-Sport.
I due percorsi sono fondamentali, e nella possibilità di essere percorsi anche insieme si spalleggiano a vicenda.
Se un giovane appare determinato e partecipativo mentre pratica Sport, ma in classe risulta svogliato e apatico, il problema è solo motivazionale. Si potrebbero mettere quelle qualità attitudinali al servizio della totalità dei suoi percorsi di vita, se si volesse abbattere il muro.