QUINTA FORZA
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Chiacchierando con:
Francesco Specchia
Creativo e content creator del Club, oltre che giornalista, telecronista e conduttore. Gestisce il profilo TikTok dell’AC Milan.
Pubblicato il: 5 dicembre 2025
A cura di: Federico Pasqualoni
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Sulle nuove forme dello sport negli spazi digitali
SCORCIATOIE
L'INTRODUZIONE
Negli ultimi anni abbiamo assistito a molti cambiamenti nelle modalità in cui si racconta il fenomeno sportivo. Una società che cambia velocemente le sue abitudini, richiede alle narrazioni a sua volta di adattarsi aggiornando e innovando i suoi spazi d’azione. E’ chiaro, per esempio, il sempre più forte intreccio tra sport e piattaforme digitali.
Un legame così stretto da creare competizioni sportive, come ad esempio la Kings League nel calcio, caratterizzate da una forte spettacolarizzazione e da regole create ad hoc per intrattenere, e destinate principalmente alla fruizione negli spazi digitali.
In generale, stiamo assistendo alla fusione tra sport e spettacolo nel multimediale che crea nuove forme sportive.
Ora, se nell’ordine generale della vita, il “nuovo” cambia sempre gli equilibri, mi chiedo spesso delle implicazioni future di questi grandi cambiamenti. È per me importante, soprattutto, cercare risposte alle domande sulle conseguenze in ambito educativo-giovanile. Una domanda che mi faccio, per esempio, è: “ Cosa cambia nel vissuto di un giovane sportivo se gli idoli e le ambizioni si vanno a legare ad uno sport e a dei protagonisti così spettacolarizzati?”
Per rispondere, devo capire meglio il fenomeno in questione.
E allora, ho fatto qualche domanda a Francesco Specchia, sicuro mi sapesse rispondere.
Io e Francesco ci siamo conosciuti nel 2016, lui nei media del Novara calcio e io negli ultimi anni di settore giovanile. E nello scorrere in avanti del tutto, è bello ritrovarlo in questa forma.
Francesco è un creativo e content creator del Club, oltre che giornalista, telecronista e conduttore. Gestisce il profilo TikTok dell’AC Milan.
IL CONTENUTO
Quali sono per te i motivi per cui queste competizioni si sono potute creare, in uno sport come il calcio, e stanno avendo così tanto seguito?
Queste nuove competizioni e questi nuovi modi di fare e raccontare calcio nascono dall’incontro tra l’amore per il pallone e le esigenze della cultura digitale contemporanea. Il motivo principale, a mio avviso, è semplice: avvicinare il calcio ai più giovani.
Nell’era degli short content è quasi impossibile, soprattutto per la Gen Z, restare 90 minuti davanti alla TV per seguire una partita intera. I tempi di attenzione si sono accorciati drasticamente — basti pensare alla durata media di un video su TikTok — mentre il calcio, nelle sue forme tradizionali, è rimasto ancorato al passato. I giovani cercano contenuti, storie, volti. Oggi ci si affeziona più ai giocatori che alle squadre: Mbappé, Messi, Ronaldo, Yamal… Ed è proprio questo il motivo per cui il progetto Zeta di Antonio Pellegrino, alias ZW Jackson, funziona così bene. Perchè? la fidelizzazione della persona, gli highlights brevi che non richiedono di seguire l’intera gara, telecamere negli spogliatoi e in panchina, un tono umano e immediato, e la presenza costante del creator: tutto questo fa sì che il progetto diventi anche “tuo”.
I volti dei protagonisti sono amici, vicini, e supportati grazie alla forza della community. Segui Picci o l’Ausonia, la squadra di Promozione dove ora gioca? Quanti sanno dirmi in quale squadra milita Loiodice? E quanti, invece, sanno perfettamente chi è? Questa struttura durerà? Crescerà ancora? È diffcile prevederlo, perché tutto cambia molto velocemente. Le regole della comunicazione digitale si trasformano di continuo: i video YouTube erano di 10 minuti, ora diventano veri e propri documentari; la TV perde terreno a favore delle piattaforme; TikTok è passato dai balletti ai contenuti informativi; Twitch, con il suo live streaming, ha avuto un’esplosione.

Si può pensare che più si spettacolarizzi lo sport e meno si preserva il suo senso autentico. Considerata la forte spettacolarizzazione che caratterizza queste nuove competizioni, qual è, se c’è, la linea che divide lo sport dall’intrattenimento?
Lo sport oggi è intrattenimento e, ancor di più, business. Le nuove proprietà puntano a generare profitto, talvolta anche a scapito del risultato sportivo. In particolare per il calcio, oggi si parla di una vera e propria industria che necessita di marginalità per sostenersi. Se oggi uno sport non intrattiene, non genera business; se non genera business, non si sostiene. Come fare business, però, lo decidono le società. La Kings League, per esempio, ha scelto una via chiara: contenuto, spettacolo, velocità, intrattenimento. E queste sono le chiavi del suo successo. Passa in secondo piano l’esito della partita, perché tutto ruota attorno allo show: elementi di imprevedibilità come il dado, le sfide 1v1 o 2v2, i presidenti sempre inquadrati che commentano e calciano rigori, il gol che vale doppio, luci, suoni, ritmi alti. Tutto è show. E anche la modifica della struttura è pensata per questo: si gioca a 7, su un campo ridotto, con più velocità, più contatti, più episodi. Ora, se lo sport può essere definito come promotore di salute, divertimento e sviluppo di abilità fisiche e mentali, e come generatore di socializzazione e competizione, nel caso di queste organizzazioni si parla di sport? Per esempio, la Kings League, risponde a questa definizione? Secondo me sì. Il nuovo può spaventare, ma affascina chi ha il coraggio di esplorarlo: è un territorio inedito, con un forte legame con la realtà sociale e comunicativa delle nuove generazioni.

Mi viene da chiedere: visto il successo mediatico che stanno ottenendo queste competizioni, uno sport come il calcio nella sua forma più tradizionale rischia di vedere la sua forma perdere importanza agli occhi delle nuove generazioni?
Decisamente sì. Oggi per un ragazzino è molto più semplice diventare tifoso di una squadra, e i motivi sono diversi. In primis c’è lo storico fattore della tradizione padre-figlio, ancora fortissimo nella nostra cultura. Poi c’è l’identificazione con il calciatore: “tifo Leao, quindi tifo Milan”. Infine, esiste il motivo più nuovo e potente: il contenuto. Un bambino può scegliere la squadra che lo affascina di più grazie ai contenuti social che quella società propone. Ovviamente restano il peso della storia del club e il contesto geografico, sociale e culturale in cui il bambino cresce. Ma ti lancio con una domanda: oggi, quanti bambiniguardano davvero la partita, o quanti invece il mattino dopo consumano solo gli highlights pubblicati sui canali ufficiali? Il mezzo è cambiato, e così il modo di fruire lo sport. La TV non è più centrale. La partita è in TV? Molti fanno fatica a seguirla e guardano lo smartphone, vivendo la partita attraverso ciò che vedono lì: giocate, falli, gol, dribbling, risse. Siamo in una fase in cui chi decide pensa che la TV sia ancora dominante, mentre chi usufruisce del contenuto è già altrove, su altre piattaforme, in un altro mondo e con altre modalità. È l’epoca dei tentativi, delle novità che in poco tempo diventano vecchie. La disciplina sportiva resterà sempre, ma oggi la vera domanda è: quanto saprà flirtare con i tempi attuali e con il modo in cui le nuove generazioni consumano lo sport?

Questo successo mediatico condiziona anche il lavoro di comunicazione in un club tradizionale?
Assolutamente sì. La centralità del contenuto social oggi è totale. Il ruolo e il coinvolgimento dei creator sono cresciuti in modo enorme negli ultimi anni proprio perché sono loro gli attori principali sulle piattaforme frequentate dalle nuove generazioni. Sono volti che avvicinano il Club ai tifosi e, allo stesso tempo, contribuiscono a vendere biglietti, magliette e prodotti ufficiali. I creator non possono essere ignorati: ognuno di loro ha un pubblico che il Club vuole intercettare e trasformare anche nel proprio pubblico. L’estero, con la sua complessità e diversità, oggigiorno diventa un mercato da conquistare. Qui, l’idea è quella di trasformare un non tifoso in un tifoso. Come? Vincendo sul campo e vincendo sui social.
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